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Cassazione, il datore di lavoro non può controllare i dipendenti con il Gps |
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Cassazione, il datore di lavoro non può controllare i dipendenti con il Gps
di Giovanna Taormina mercoledì 5 ottobre 2016 - 17:00 Il datore di lavoro non può utilizzare il Gps per controllare quello che fanno i dipendenti e se rispettano i compiti loro assegnati perché si tratta di un sistema di «controllo generalizzato che viene predisposto prima ancora dell’emergere di qualsiasi sospetto», dunque il datore non se ne può servire nemmeno nell’ambito dei cosiddetti «controlli difensivi» per verificare la violazione degli obblighi contrattuali. Lo sottolinea la Cassazione. Con la sentenza 19922 depositata dalla Sezione lavoro, la Suprema Corte ha infatti respinto il ricorso della “Fidelitas spa“, grande agenzia di sorveglianza privata, contro la decisione con la quale la Corte di appello di Venezia nell’aprile 2015 aveva confermato la illegittimità del licenziamento di un vigilantes in attività a Rovigo che, in base alle rilevazioni del sistema Gps montato sul veicolo utilizzato per la “ronda” notturna, era risultato non aver effettuato tutte le ispezioni che aveva registrato nel rapporto di servizio. Cassazione, bocciata la tesi della Fidelitas In Cassazione i legali della “Fidelitas” hanno sostenuto che «sussistevano tutti gli elementi per ritenere il controllo attraverso il sistema satellitare Gps un controllo difensivo e cioè diretto ad accertare l’illiceità della condotta del lavoratore, la verifica del comportamenti “ex post”, a seguito di fondati sospetti, e la funzionalizzazione del controllo alla tutela di beni estranei al rapporto di lavoro come il patrimonio e l’immagine dell’azienda, ciò valeva anche per il sistema “patrol manager” che sostituiva il tradizionale bigliettino e serviva a verificare il corretto adempimento delle obbligazioni assunte dalla Fidelitas nei confronti dei clienti». La Suprema Corte – relatore Giuseppe Bronzini – ha respinto questa tesi «per tre concomitanti ragioni che esclusono che si possano ritenere legittimi i controlli effettuati». In primo luogo, gli ermellini rilevano che «il sistema di controllo attraverso gps installato sulle vetture in uso ai dipendenti è stato predisposto “ex ante” e in via generale ben prima che si potessero avere sospetti su una eventuale violazione da parte del lavoratore». «È un sistema di controllo» Il verdetto sottolinea che quello in questione è «un meccanismo generalizzato di controllo che unitamente al sistema “patrol manager” era in uso nell’azienda indipendentemente da sospetti o reclami dei clienti». I sindacati, ricorda la sentenza, avevano autorizzato questo sistema in accordo con la questura di Rovigo che lo aveva richiesto anche a tutela della incolumità dei vigilantes, «ma si era escluso che il sistema potesse essere utilizzato per controllare la loro attività lavorativa». In secondo luogo, i supremi giudici affermano che «se per l’esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi, il datore può installare impianti o apparecchi di controllo che rilevino anche dati relativi alla attività lavorativa dei dipendenti», tali dati però, in applicazione delle garanzie previste dallo Statuto dei lavoratori, «non possono essere utilizzati per provare l’inadempimento contrattuale dei lavoratori medesimi». http://www.secoloditalia.it/2016/10/c ... rollare-i-dipendenti-gps/
Data invio: 5/10/2016 17:53
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Re: Cassazione, il datore di lavoro non può controllare i dipendenti con il Gps |
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Licenziamento - Cassazione Lavoro: il datore di lavoro non può controllare a distanza i propri dipendenti mediante GPS
26 ottobre 2016 - Francesca Russo La Corte di Cassazione, con recente sentenza, ha negato al datore di lavoro la possibilità di controllare a distanza i propri dipendenti mediante l’apparecchiatura GPS, se tale meccanismo generalizzato di controllo è stato predisposto ben prima dell’emergere dei sospetti su una eventuale violazione da parte del lavoratore. Nel caso in esame, un’azienda di sorveglianza privata, attraverso le rilevazioni del sistema GPS presente sulla vettura del dipendente, era venuta a conoscenza che il lavoratore, in qualità di vigilante, non aveva effettuato tutte le ispezioni che aveva registrato nel rapporto di servizio, licenziando, così, il dipendente. La Corte d’appello di Venezia aveva accolto l’opposizione del lavoratore, diretta alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento per giusta causa per insussistenza dei fatti, oltre alla reintegrazione nel posto di lavoro e delle retribuzioni non percepite. L’azienda ha presentato ricorso avverso la decisione della Corte d’Appello, respinto dai Giudici di legittimità per i motivi di seguito esposti. Innanzitutto, ha affermato la Suprema Corte, il sistema di controllo mediante l’apparecchiatura GPS istallato sulle vetture in uso ai dipendenti dell’azienda è stato predisposto ex ante ed in via generale ben prima che si potessero avere sospetti su una eventuale violazione da parte del lavoratore. Tale sistema era stato autorizzato dai sindacati per ragioni di sicurezza in quanto richiesto dalla Questura di Rovigo presumibilmente anche nell’interesse dell’incolumità dei lavoratori, escludendo che lo stesso potesse essere utilizzato per controllare la loro attività lavorativa. Inoltre, la Corte ha affermato il principio secondo il quale: “l’effettività del divieto di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori richiede che anche per i cosiddetti controlli difensivi trovino applicazione le garanzie della Legge n. 300 del 1970, articolo 4, comma 2; ne consegue che, se per l’esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro può installare impianti o apparecchi di controllo che rilevino anche dati relativi alla attività lavorativa dei dipendenti, tali dati non possono essere utilizzati per provare l’inadempimento contrattuale del lavoratori medesimi”. La Corte ha ritenuto che il controllo mediante il sistema GPS sulle autovetture della società permetteva un controllo a distanza dell’ordinaria prestazione lavorativa, non la tutela di beni estranei al rapporto di lavoro. Pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso principale, assorbito l’incidentale, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. (Corte di Cassazione - Quarta Sezione Lavoro, Sentenza 5 ottobre 2016, n. 19922) http://www.filodiritto.com/news/2016/ ... endenti-mediante-gps.html
Data invio: 27/10/2016 0:03
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